La settimana dei Rolli

Uscito su il Giornale del Piemonte e della Liguria

(20 maggio 2020)

I Rolli days si ripresentano, puntuali, all’appuntamento primaverile con un calendario fitto di eventi, conferenze, musica, incontri e naturalmente visite, solo virtuali, ai palazzi dei Rolli, patrimonio Unesco della nostra città.

Da un lato, dunque, Covid 19 ha profondamente snaturato l’iniziativa, dall’altro, grazie ai ritrovati tecnologici ne ha permesso una significativa lievitazione, tanto da farla diventare addirittura una “digital week”, densa di appuntamenti. Lo sforzo lo si deve all’Assessore Barbara Grosso e a Giacomo Montanari,  insostituibile curatore scientifico dei “Rolli days”. Il solito qualificato apparato di “divulgatori scientifici” accompagnerà i visitatori all’interno delle dimore delle illustri famiglie genovesi titolate a ospitare altezze reali, dignitari di corte e i più blasonati diplomatici stranieri. Anche Vittorio Sgarbi, in un breve video, esalta la dimensione “pubblica” dei palazzi dei Rolli e l’iniziativa che consente, ai genovesi e non solo, di riappropriarsi – almeno in questa occasione – di spazi privati cui era stata delegata una dimensione pubblica, invitandoli, dunque, a non perdere l’occasione di entrarvici.

Sarebbe tutto bellissimo, se non fosse che è appunto “virtuale”. Sia ben chiaro: non era possibile fare diversamente; l’altra soluzione era quella di non fare per niente. Sarebbe stato un segnale forte, ma non fa parte della filosofia di questa Amministrazione cittadina l’arrendersi di fronte alle difficoltà. C’è anzi spesso la volontà di cercare di trasformare ogni difficoltà in occasione, opportunità. L’allentamento delle misure anti Corona virus sono arrivate troppo tardi: oggi è facile dire che – rebus sic stantibus– si sarebbe potuti entrare realmente all’interno dei Palazzi mettendo in atto tutte le misure di distanziamento sociale e di protezione indispensabili: non è così: queste cose non si organizzano in due giorni! L’unica soluzione praticabile e che consentisse di non far saltare l’appuntamento era questa: una “digital week” appunto che permettesse comunque – potenzialmente a molti più visitatori del solito – di entrare e godere di questi palazzi, molti dei quali restano di solito inaccessibili.

Il problema, però, lo ripeto, è che si tratta di una settimana virtuale, di visite virtuali, di divulgatori virtuali, di immagini virtuali. E purtroppo la parola è insidiosa e la filosofia che le sta alle spalle lo è ancora di più. Virtuale è “quanto esiste in potenza”, virtuale è “contrapposto a reale ed effettivo”, virtuale è “detto di cosa o attività frutto di un’elaborazione informatica che pur seguendo modelli realistici non riproduce però una situazione reale”, ma soprattutto se c’è un modo in cui l’arte non va fruita è proprio questo! Le enormi potenzialità che la tecnologia mette a disposizione possono indubbiamente essere utili per studiare: consentono una visione dei particolari che altrimenti è preclusa, ma non certo per vedere un’opera d’arte. Le alte lunette di una parete affrescata non devono essere viste per mezzo di un drone: sono state pensate – da parte dei più bravi anche nelle loro imperfezioni – pensando a chi le avrebbe viste dal basso. La nitidezza delle immagini che i video restituiscono non è quella su cui può fare affidamento l’occhio umano che giornalmente vedeva quelle immagini. Senza dire che in questo modo il palazzo, il lampadario, gli affreschi, i ninfei, vengono del tutto decontestualizzati (a meno che il fruitore non sia sufficientemente scafato), mentre un’opera, per essere compresa, di tutto ha bisogno meno che di essere privata del contesto in cui è venuta alla luce.

Si rischia “l’effetto Gioconda”, quello per il quale sono passati tutti coloro che hanno approcciato il capolavoro leonardesco prima dalle pagine di un libro (oggi da quelle di un PC, che sempre pagine si chiamano) e solo in un secondo momento dal vivo, al Louvre; che poi è un “dal vivo” per modo di dire considerate distanza e protezione in vetro. Si rimane delusi, a volte profondamente delusi. Non servono molto le didascalie che avvertono sulle reali grandezze dell’opera: a vedere le cose virtualmente si capisce poco!

Il problema è che ancora una volta siamo caduti nella trappola cui le misure anti Covid ci hanno costretto. Ci vogliono far credere che tutto è sostituibile, che la realtà così come l’abbiamo conosciuta è “brutta sporca e cattiva”, che nulla sarà come prima, ma che – nello stesso tempo – tutto sarà migliore, perché le moderne tecnologie consentiranno le stesse esperienze in assoluta sicurezza e meglio di prima. Videochiamate, acquisti on line, didattica a distanza, eliminazione dell’uso del contante, la spesa a domicilio, i musei e le gallerie direttamente a casa tua (per ora gratis, poi si vedrà), la play station al posto del campionato di calcio, lo smart working: è un bombardamento continuo e – quel che è peggio – ci stiamo abituando e cominciamo a pensare che tutto sommato non sia nemmeno tanto male.

Sono “un inguaribile romantico”: da un lato non posso non avere parole d’encomio per l’impegno e la competenza con cui Rolli digital week è stata organizzata, dall’altro sono anche convinto che sia ora di imparare a dire qualche no. Non bisogna farsi irretire: bisogna avere il coraggio di dire che questa non è vita e che la vita reale non è sostituibile, nemmeno pro tempore, da quella virtuale. Io non sono tra quelli che dicono, e sotto sotto sperano, che “nulla sarà come prima”. Può anche darsi che “un mondo migliore sia possibile”, anche se a me – sia detto per inciso – quello in cui vivevo non dispiaceva affatto, ma certo non è quello che ci stanno preconfezionando, che è appunto un mondo virtuale! 

23 Maggio 2020 by: Commenta -
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