In memoria di Carlo Angelino

(17 aprile 2022)

Quando, ormai parecchi anni fa, mi iscrissi all’università di Lettere a Genova con la segreta speranza di diventare uno storico, con la scostante prosopopea tipica dei ventenni appena maturati scelsi deliberatamente e convintamente di non includere nel mio piano di studi alcun esame di filosofia: d’altra parte si sa, “la filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale tutto rimane tale e quale”. D’altra parte, però, è altrettanto risaputo che il “tempo è galantuomo” e, grazie a Dio, non porta rancore, specie nei confronti dei giovani… Anche se presuntuosi.

Più avanti, quindi, in circostanze sulle quali non starò a dilungarmi, mi ritrovai ancora a frequentare l’Università e in questa seconda occasione inserii nel mio piano di studi anche due esami di filosofia: non sia mai che poi mi fosse dovuto capitare di insegnarla a scuola! Storia della filosofia antica e Storia della filosofia medievale furono i corsi prescelti. Il caso volle che l’ictus che in quell’anno aveva colpito il compianto professor Battegazzore portasse con sé l’evenienza che il corso di Storia della filosofia antica fosse affidato proprio a Carlo Angelino: corso monografico “Il libro Lambda della Metafisica di Aristotele”, non proprio una passeggiatina per chi non aveva “considerazione” della materia e portava con sé pochissimi e sbiaditi ricordi dai tempi del Liceo. Ho più volte affermato, ed è certo questa la sede giusta per ribadirlo una volta di più, che quei tra mesi intensissimi di lezione di Carlo mi hanno cambiato la vita, direi quasi sconvolto la vita! E non certo in senso prosastico: non sono, infatti, diventato né più ricco, né più famoso, né più bello, il cambiamento è avvenuto nell’intimo, in profondità.

Di lui sapevo poco, fatta salva l’amicizia di lunga data che lo legava ai miei genitori nata proprio in via Balbi a latere dei diversi corsi universitari che mio padre (medicina), mia madre (giurisprudenza) e Carlo (filosofia) stavano affrontando. Fu la vita politico-culturale dell’Ateneo a farli incontrare. Il “personaggio” era noto e certo non passava inosservato: dirò una banalità: non insegnava filosofia, era, ed è stato, un filosofo. La raccolta di scritti pubblicata da l’ingrato il Melangolo (la casa editrice da lui fondata) per celebrare il suo ottantesimo compleanno, correva il 2018, lo testimonia, così come dimostrano la continua riflessione sulla morte della metafisica, id est della filosofia, e l’incessante ricerca di un possibile “secondo inizio”, che lo ha condotto ad abbracciare e sostenerne le potenzialità gnoseologiche del “pensiero antitetico”.

L’appuntamento pomeridiano con le sue lezioni era imperdibile: densità e chiarezza, le doti che hanno connotato sino alla fine la sua prosa, erano le caratteristiche del suo parlare: sommessamente, senza mai alzare la voce, come è natura di chi sa di avere dalla sua la forza della ragione, ma in un lento e studiato crescendo che raggiungeva il suo culmine spesso proprio al termine della lezione. Un crescendo strano, che non riguardava cadenza o tono della voce, ma semplicemente esplicitava un poco alla volta il suo pensiero, rendendolo progressivamente sempre più chiaro, fino quasi a farlo sembrare semplice e scontato. Carlo Angelino aveva la straordinaria dote di condurre alle più alte vette del pensiero in modo del tutto naturale. Eppure, terminata la lezione, non ci si alzava dal banco, perché la chiusa era sempre aporetica. Rimanevo a bocca aperta, ora a interrogarmi su quelle ultime battute, che già si aprivano alla lezione successiva, ora a riflettere su quanto aveva appena detto, che non era mai né banale, né scontato. Quanto, sino a un attimo prima poteva sembrare chiarissimo e semplicissimo, un attimo dopo ristagnava avvolto nella nebbia (a volte quella del suo sigaro, allora era un incallito fumatore) appena egli usciva dall’aula, lasciandoci soli coi nostri pensieri acerbi.

Me ne “innamorai” a tal punto che cominciai a sforzarmi di parlare e scrivere come lui, a mutuare sue espressioni e sue parole, a cercare di far mia quella straordinaria capacità espositiva, che tanto mi aveva affascinato e che sembrava rendere semplici anche i passaggi più ostici del libro Lambda aristotelico. Qualcosa di simile mi accadde qualche anno dopo, quando incontrai don Gianni Baget Bozzo, con il quale – sono convinto – Angelino avrebbe avuto molti argomenti di discussione. La filosofia esposta in modo chiaro e comprensibile per me, prima di lui, era stata solo nella prosa semplice e ricca di esempi del Giovanni Reale del manuale liceale.

Due momenti fondamentali di quelle lezioni, delle quali naturalmente conservo gelosamente gli appunti, restano impressi indelebilmente nella mia memoria: quello sull’ipotetica lezione che Platone avrebbe tenuto sul Bene e quello della spiegazione del Motore Immobile di Aristotele. Vale la pena, allora, citare proprio Giovanni Reale, che così si esprime in merito a quelle pagine dello stagirita: “Questo Principio dal quale dipendono il cielo e la natura è Vita. E quale vita? Quella che più di tutte è eccellente e perfetta: quella vita che a noi è possibile solo per breve tempo: la vita del puro pensiero, la vita dell’attività contemplativa. Ecco lo stupendo passo in cui Aristotele – fatto estremamente raro per lui – si commuove e in cui il suo linguaggio si fa quasi poesia, canto lirica…”. Ecco quello che era successo, ecco quello che Carlo aveva fatto accadere: mi ero commosso, mi aveva fatto commuovere; le sue parole, il suo modo di parlare, la bellezza dei concetti che esprimeva nel raccontare di un Motore immobile quasi petrarchesco, che ama se stesso che ama, erano per me poesia, canto, lirica! E per me non poteva essere più vero che con o senza la filosofia la mia vita era tale e quale. Sentivo, convintamente, che adesso la mia vita era migliore e lo era grazie alla filosofia e di conseguenza grazie alle sue lezioni.

Da quel momento ho cominciato a seguire Carlo tutte le volte che mi era possibile: Storia del pensiero politico antico ed Estetica, la sua materia, l’altro campo in cui meglio si manifestano le sue doti. Sentirlo dissertare di Leopardi, Nietzsche, Holderlin, Pindaro, Dostoevskij, Montale era sempre un piacere, ma anche in questa circostanza, l’ascolto delle sue lezioni mi ha profondamente mutato nel modo di fruire l’arte, inducendomi al faticoso tentativo di penetrarla in profondità, per ricercare in essa nuove vie di accesso al “vertice del sapere umano”. Quando, ormai diventati amici, mi propose di scrivere per il Melangolo e mi cimentai con Tucidide, Platone e poi lo Pseudo Senofonte e ancora Tucidide e Lucrezio, ne fui onorato, spaventato e, naturalmente, grato.

Ultimamente i nostri incontri, sempre troppi rari, ci portavano spesso a parlare di politica (un amore che ci accomuna e una passione che ha visto entrambi – a distanza di molti anni – ricoprire il ruolo di Consiglieri Comunali a Genova). La dottrina liberale, alla quale come è ben noto si dedicano “quattro gatti” divisi in cinque partiti, era argomento di conversazione, di progetti culturali ed editoriali, di confronto, di passione e di frustrazione. La misera condizione cui ormai è ridotta l’Italia, un Paese etico-corporativo, in cui il fascismo e la Chiesa possono rivendicare vittorie politiche inattese e pressoché totali, è stato il suo cruccio e sempre forte era la sua convinzione che solo una vera “rivoluzione liberale”, sempre detta mai realizzata, potrebbe garantire all’Italia la ripresa. Ne sarebbe dovuta nascere una rivista, un sogno rimasto irrealizzato e di cui ancora parlava la settimana scorsa, con un filo di voce.

Non ha smesso, per me, di essere maestro: mi ha suggerito e avviato alla lettura di autori, antichi e moderni, che oggi per me sono un faro. Anche in questa circostanza, però, il mio debito nei suoi confronti rimane inestinguibile: egli è sempre il maestro e io il discente: è come se continuassi a prendere appunti, a “pendere dalle sue labbra” e, dopo ogni incontro cuore e testa sono (ancora mi viene da usare il presente!) pieni, ma il portafoglio tende a svuotarsi: alla rinfusa: Schumpeter, Bat Ye’or, Ruffini, Ostellino, Pareison, Caracciolo… Quante letture mi sono state consigliate da lui!

Ciao Carlo, banale dirti che il tuo ricordo sarà sempre con me, ma in questa casa troppe cose parlano di te e quindi sono certo che sarà così.

17 Aprile 2022 by: Commenta -
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