La Casa Nazionale dei Cantautori: una grande possibilità per cantare la nostra grandezza.

Uscito su il Giornale del Piemonte e della Liguria

(17 settembre 2020)

Le campagne elettorali si portano spesso dietro lunghe scie di inaugurazioni e tagli di nastri, talvolta si tratta di pure e semplici manovre di marketing, perché le opere che vengono “inaugurate” in verità non sono ancora state completate né mai lo saranno.
La “Casa nazionale dei Cantautori” non segue questo scontato copione: avrebbe potuto essere un fiore all’occhiello della corsa alla riconferma della squadra guidata da Giovanni Toti, ma i lavori sono ancora troppo indietro per giustificare un battesimo della ex abbazia di San Giuliano, in cui questa avrà la sua sede. Eppure è accaduto qualcosa di ancora più importante e decisivo. Infatti, lo stanziamento di ulteriori tre milioni da parte del MIBACT fa uscire definitivamente il progetto dal cassetto dei sogni per proiettarlo nella sfera della realtà. La casa-museo dovrebbe aprire i battenti nel biennio 2021-2022, portando così a compimento un progetto culturale innovativo e di altissimo profilo.
L’operazione, che mosse i suoi primi passi quattro anni fa, nasce dall’intuizione di Dori Ghezzi e dalla volontà e cocciutaggine di Ilaria Cavo e si avvale oggi anche dei suggerimenti e della competenza di un comitato d’indirizzo di assoluto spessore. Si tratta ora di vigilare affinché il progetto abbia gambe e – una volta realizzato – diventi un punto di riferimento e di attrazione cittadino. Non è così scontato ed è necessario evitare alcuni errori.
L’abbazia di San Giuliano è un luogo incantevole, un suo recupero era doveroso, ma è piuttosto fuori mano rispetto ai circuiti culturali e turistici cittadini. Certo Corso Italia è la nostra promenade, ma – fatto salvo il periodo del Salone Nautico – è frequentata solo dai Genovesi. Inoltre, è mal servita dai mezzi pubblici: l’autobus 31, infatti, parte dalla Stazione Brignole, anch’essa – per un turista che non conosce la città – un po’ distante da De Ferrari, il Centro Storico, il Porto Antico, vale a dire i luoghi in cui si dirigono i grandi flussi di visitatori. Forse sarebbe il caso di allungare il percorso del 31 di poche fermate, facendolo transitare appunto per piazza De Ferrari. Il successo del piccolo negozio-museo di via del Campo fa comprendere le potenzialità dell’iniziativa, ma rischia anche di trarre in inganno: di lì ci si passava per andare a immaginare la “casa” della “graziosa”, ma di fatto era un percorso ovvio per chi decideva di fare un giro per i vicoli della città, mentre andare a visitare la “Casa Nazionale dei Cantautori” sarà una scelta, che porterà via mezza giornata.
Il secondo errore è quello di farne un sancta santorum esclusivamente per i Liguri. Le agenzie di stampa oscillano nella definitiva denominazione che avrà il Museo, certo è che il documento con cui il MIBACT ha stanziato la seconda corposa fetta di stanziamenti fa riferimento a un “polo culturale dedicato alla musica dei grandi autori liguri e della canzone italiana”. Non si tratta tanto di raccogliere cimeli e documenti che riguardino anche altri grandi esponenti della musica cantautoriale italiana, che è sicuramente suggestivo ma anche dispendioso ed elefantiaco, quanto piuttosto di far comprendere la “statura nazionale” della scuola genovese, il contributo fondamentale che i nostri artisti hanno dato alla musica italiana, la forza d’attrazione che hanno sprigionato (Conte, Lauzi). Piaccia o meno ai puristi, Bindi, De André, Fossati, Paoli, Tenco sono i “naturali” continuatori della nostra lunga e importante serie di poeti novecenteschi, dei quali hanno raccolto il testimone proiettandolo in altre forme artistiche, che sempre ancora hanno commercio con le parole e la poesia.
Perché questo avvenga bisogna anche evitare che il Museo appaia come mera continuazione dell’esperienza di via del Campo 29 e che sia incentrato troppo sulla figura di De André. Che dalla sua grandezza e dalla sua prematura scomparsa abbia origine tutto questo è un fatto, ma è assai più importante inserire Fabrizio all’interno di un contesto che spieghi da dove è scaturita la sua arte e lo presenti al pubblico come un rappresentante, sicuramente di punta, di un movimento ben più ampio e nutrito, che era specchio della vitalità e della freschezza artistica di tutta la città in un determinato e delicatissimo periodo storico.
In ultimo un avvertimento e una speranza: cerchiamo di non fare di questa Casa Nazionale dei Cantautori una stucchevole e ingiustificabile marchetta politico-ideologica. Letture e riletture di critica letteraria che abbiano tentato di ascrivere acriticamente questo o quell’autore a una determinata ideologia politica hanno dato spesso esiti disastrosi. Tra gli ultimi eclatanti casi varrà la pena ricordare le recenti riletture di scrittori quali Pavese e Pasolini, per decenni icone della sinistra, e oggi – all’apparir del vero – esponenti di una critica sferzante e ragionata della stessa, quando non addirittura aperti nemici di tutto quel mondo. Non facciamo di questa sublime arte dei nostri cantautori un inutile monumento al “politicamente corretto” e al buonismo d’accatto: essi, nella loro epoca, sono stati spesso scorrettissimi e quindi inascoltati. Reietti e vilipesi proprio in virtù dell’eccezionalità delle loro idee e della protesta e messa in discussione di tutto quello che era il perbenismo dell’epoca. Non sarebbe un buon servizio nei loro confronti (oltre che un falso storico) quello di ingabbiarli in scatole ideologico-politiche dalla quali si sono sempre tenuti distanti.

19 Settembre 2020 by: Commenta -
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