Nicolò Scialfa: le sentenze non si commentano, però…

Uscito su il Giornale del Piemonte e della Liguria

(16 gennaio 2022)

Mi ha molto colpito e certamente deluso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Genova ha definitivamente condannato Nicolò Scialfa a due anni e quattro mesi per peculato, la vicenda nota a tutti come “spese pazze”.

Umanamente non posso che essere vicino a Nicolò, una posizione che dovrebbe accomunare tutti i politici, in particolar modo quelli che sono stati assolti, perché tutti sanno che Scialfa ha semplicemente fatto quello che facevano tutti, usando mezzi e strumenti che tutti usavano e che – piaccia o no – erano (e sono tuttora, mutatis mutandis) parte del “sistema politico”.

Come è noto, le sentenze non si commentano, si applicano, ma certo vedere che di moltissimi imputati tutti accusati dello stesso reato solo pochi vengono condannati, fa pensare che qualcosa nel sistema giudiziario non funzioni. Prove diverse, procedimenti diversi, strategie difensive diverse, giudici diversi portano a sentenze diverse per gli stessi identici reati ipotizzati e così otteniamo il risultato di dividere la classe politica in “buoni o cattivi”. Di per sé sarebbe giusto, la politica, come il mondo, è fatta di uomini; c’è chi agisce bene e chi agisce male ed è bene individuare e punire le mele marce proprio perché non gettino discredito sulla politica tutta.

Questo, tuttavia, come già detto, era un modus operandi che riguardava tutti i politici per il semplice fatto che si trattava di rimborsare a piedi lista tutta una serie di spese di carattere “istituzionale” che nessuno controllava, che non erano ben definite, che venivano immancabilmente saldate a tutti senza muovere eccezioni.

Se la Politica avesse proceduto a indicare con chiarezza quali spese si sarebbero potute fare con quei soldi e avesse rigorosamente fatto controlli non avremmo avuto alcun processo, oppure lo stesso processo avrebbe coinvolto altre persone e non i politici.

A me resta forte l’impressione che nel clima da caccia alle streghe che si era creato, nella continua demonizzazione e criminalizzazione della classe politica, nella ventata iconoclasta che ha visto la luce con i “Vaffaday” e che ha ammaliato tante persone (anche nella nostra Magistratura) servisse un capro espiatorio, una vittima sacrificale, qualcuno che pagasse per tutti. Chi lo ha capito ha patteggiato, tra chi ha voluto combattere la sua battaglia qualcuno ha vinto, qualcuno ha perso. Scialfa ha perso e a me, sinceramente, dispiace.

Per un uomo con il suo carattere, con la sua cultura, con il suo profondo senso del dovere e del rispetto delle Istituzioni, con la sua solida conoscenza della storia credo che lo scoglio più difficile da superare, almeno professionalmente, sia quello di perdere credibilità di fronte alle persone che deve e dovrà (mi auguro) “dirigere”. Non solo il personale di segreteria, i bidelli e i professori, ma soprattutto gli alunni e i genitori, che dovrebbero vedere nel Preside della scuola una persona di specchiata moralità, una persona di cui fidarsi, potrebbero – a seguito di questa sentenza – perdere fiducia. fatto che difficilmente si verificherò, vista la stima di cui gode. So, però, che per Nicolò sarebbe una ferita difficilmente sanabile che, comunque, lascerà una cicatrice visibile e sanguinante.

Mi piace credere che Nicolò, come suo costume e in forza della cultura e degli studi su cui fonda la sua vita e il suo lavoro, sia già intento a letture “consolatorie”, a interiorizzazioni alte, a riflessioni dolorose ma edificanti. Novello Machiavelli, caro Nicolò, ti auguro un riposo costruttivo e riabilitante in un qualche tuo “Albergaccio”. Credo che in pochi saranno in grado di capire il peso che questa sentenza ha sul tuo cuore. Tu sai bene, però, che non è nel mondo dei vivi che potrai trovare quello che cerchi, ma – casomai – partendo dalla lettera al Vettori, laddove il tuo omonimo (con due c) scriveva: “Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.

“Transferisciti” tutto in loro con l’incrollabile fiducia che solo con loro sia possibile aprire un dialogo franco, fruttuoso; spogliati “della veste cotidiana, piena di fango e di loto” e “rivestito condecentemente” apriti a loro, i soli “giudici” ai quali potrai chiedere ragione di quanto ti è capitato, dai quali potrai avere risposte, con i quali la dialettica sarà serrata e feconda. Sai che essi ti riceveranno sempre “amorevolmente” e ti risponderanno, rendendo, forse possibile dimenticare ogni affanno.

Io non so bene perché la vicenda di Nicolò mi abbia sempre tanto coinvolto (la stessa cosa potrei dire per altri, tipo Nicola Abbundo o Raffaella Della Bianca, ma diversamente): siamo stati colleghi in Consiglio Comunale e ci siamo stuzzicati più volte, ma con profondo rispetto e reciproco riconoscimento dello “status sociale” di appartenenza. Forse, con la spocchia propria di chi – come noi – ritiene la cultura elitaria per sua stessa natura, ci sentivamo un po’ come “gli spiriti magni” del limbo dantesco, guardavamo quanto accadeva intorno a noi con un po’ di distacco: “ma passavam la selva tuttavia,/ la selva, dico, di spiriti spessi” e ci divertivamo “parlando di cose che ‘l tacer è bello/ sì com’era ‘l parlar colà dov’era”.

Ti auguro di cuore, Nicolò, che tutto questo non ti abbatta perché, in ragione del tuo piglio e del tuo animo siciliano, so che sei tipo da “frangar, non flectar” e in questo caso ho un po’ paura.

Aspetto, come quasi giornalmente faccio, di leggerti sulla pagina fb “i miserabili di jean valjean”, laddove chi volesse veramente capire che è Nicolò Scialfa trarrebbe tutto quello che gli serve.

15 Gennaio 2022 by: Commenta -
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